La sostituzione protesica dell’articolazione dell’anca è un tipo di intervento chirurgico invasivo che prevede la sostituzione delle componenti ossee, che compongono l’articolazione dell’anca, con dispositivi in metallo (titanio) e/o ceramica.
E’ uno degli interventi più comuni in ambito ortopedico, tanto da essere ormai considerato un intervento di routine.
Come obiettivi principali, questo tipo di intervento pone:
– Risoluzione del dolore dovuto alla degenerazione articolare;
– Ristabilire la normale dinamica articolare e quindi il recupero della funzionalità, nonché delle
attività quotidiane.
In maniera molto semplificata, si può ridurre l’articolazione dell’anca in due componenti:
– Testa e collo del femore (parte convessa);
– Acetabolo (parte concava formata dalla fusione delle tre ossa del bacino: ileo, ischio, pube).
Durante l’intervento, in base alla gravità del danno, potranno essere sostituite una o entrambe le componenti.
Le cause più frequenti di danno articolare possono essere così classificate:
– Artrosi: danno da usura cartilaginea delle superfici articolari. Colpisce principalmente in età avanzata e risulta essere molto dolorosa e debilitante;
– Frattura: seguentemente a traumi, ove la guarigione spontanea delle ossa non avvenga in maniera soddisfacente, sarà opportuno l’intervento di protesizzazione;
– Fratture da stress: soprattutto in pazienti affetti da osteoporosi;
– Artrite Reumatoide: Malattia autoimmune. Il danneggiamento articolare avviene per “colpa” del sistema immunitario il quale, anziché proteggere l’organismo, si rivolta contro;
– Artrite settica: causata da un battere;
– Necrosi Avascolare: morte ossea dovuta all’abuso di alcol;
– Malattia di Paget: Le ossa sono più fragili e quindi il rischio di frattura aumenta notevolmente;
– Displasia Congenita dell’Anca: colpisce dalla nascita e le componenti articolari risultano essere incoerenti e/o deformate;
– Tumori ossei.
La sostituzione protesica avviene principalmente in soggetti di età compresa tra i 60 e gli 80 anni. Il sesso femminile subisce più frequentemente questo tipo di intervento e la prevalenza può essere
legata a più fattori:
– Artrosi: colpisce maggiormente il sesso femminile;
– Fattori Ormonali: legati al post menopausa;
– Abitudini quotidiane: gambe accavallate. E’ stato visto che l’abitudine ad accavallare le gambe, principalmente femminile, porta ad un mal allineamento delle componenti ossee che compongono l’articolazione e ciò porterebbe ad una maggiore usura della cartilagine articolare.
Esistono due tipi principali di protesi:
1. Protesi cementata: in questa procedura viene utilizzato un potente collante, il cemento acrilico, per fissare lo stelo femorale. Risulta di difficoltosa rimozione in caso di revisione protesica;
2. Protesi non cementata: in questa procedura non viene utilizzato nessun tipo di collante, ma lo stelo protesico presenta numerosi forellini che consentono all’osso di crescervi all’interno così da fissare la protesi. La rimozione di questo tipo di protesi risulta essere enormemente più semplice in caso di revisione protesica.
Ovviamente, la scelta del tipo di protesi e del tipo di accesso (anteriore, postero-laterale) spetta allo specialista Ortopedico, il quale opterà per la tecnica più adatta ad ogni paziente, tenendo conto di età, peso, allergie (metalli), sesso, patologie di base.
TRATTAMENTO RIABILITATIVO
Nelle problematiche d’anca, non è sempre necessaria la sostituzione protesica; soprattutto nelle fasi iniziali o in presenza di dolore limitato si preferisce attuare un approccio conservativo al problema.
Nell’approccio conservativo sono previsti due tipi di intervento:
– Somministrazione di farmaci: antinfiammatori, corticosteroidi per via orale o tramite infiltrazione ecoguidata (di competenza Ortopedica);
– Fisioterapia e Terapia Fisica strumentale.
Talvolta, attraverso un lavoro di èquipe, potrà essere necessaria la combinazione dei due approcci.
Nel trattamento fisioterapico conservativo si attueranno mobilizzazioni articolari (Terapia manuale), esercizi di rinforzo e stabilizzazione e terapie fisiche (ad esempio Limfa Therapy) col fine di ridurre o risolvere la sintomatologia dolorosa (riferita in regione inguinale e/o proiettata alla coscia), rigenerare le cellule cartilaginee, recuperare la funzionalità dell’anca e ritornare alle attività della vita quotidiana.
Dopo questa breve parentesi dedicata all’intervento conservativo, torniamo ad affrontare il tema principale del nostro articolo: Come si riabilita la protesi d’anca??
In base alle indicazioni post chirurgiche dell’Ortopedico e la normalizzazione dei parametri vitali basilari, si potrà procedere sin dal giorno seguente l’intervento con l’acquisizione della stazione
eretta con l’utilizzo di appositi ausili, tenendo un carico sfiorante o parziale sull’arto interessato.
Nell’immediato post chirurgico sarà di notevole rilevanza la fisioterapia a letto: mobilizzazione articolare, rinforzo muscolare iniziale ed indicazioni sulla gestione della protesi da parte del paziente e di chi lo assiste.
Nel periodo post ospedaliero potrà cominciare la riabilitazione vera e propria presso una palestra riabilitativa.
Con progressione, verranno aumentati i carichi degli esercizi, completato il recupero articolare, trattata la ferita chirurgica/cicatrice e somministrata al paziente della terapia fisica (ad esempio TECAR-SIN, Laser Yag, Cryo-tshock, Limfa Therapy) col fine di ridurre l’infiammazione ed il dolore post chirurgici.
Una adeguata riabilitazione post chirurgica porterà il paziente ad un notevole miglioramento della qualità della vita, consentendogli di tornare a fare delle attività che sembravano impossibili fino a poco tempo prima, con una autonomia completa.
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